venerdì 1 febbraio 2013

La scarpa è una cosa seria

Il numero di febbraio del periodico “Correre” è un must per noi runners: la maxiclassifica con tutti i tempi ed i nomi dei maratoneti italiani contiene l’attestazione dei propri sforzi ed è anche uno dei principali stimoli per intraprendere il fantastico viaggio nel mondo dei quarantadue chilometri. Sfogliando la rivista, però, la mia attenzione si è concentrata su un articolo che, per deformazione professionale, ha catalizzato il mio interesse: l’analisi dei dati di vendita delle scarpe da running nel 2012 negli Stati Uniti. Un mercato con quasi quattrocentomila maratoneti, trecento milioni di potenziali acquirenti ed un fatturato complessivo, per le calzature sportive tout-court, di oltre quindici miliardi di dollari realizzato da quasi trentamila punti di vendita: tutto ciò giustifica l’esistenza di un ente, la National Shoe Retailer Association, che si occupa esclusivamente di statistiche di vendita di scarpe. I dati evidenziati sono curiosi ma, analizzandoli, mi sembra di addivenire ad un risultato ben preciso. Il mercato americano è sostanzialmente simile a quello italiano, ripartito tra la grande distribuzione organizzata ed i negozi specializzati: il giornalista sottolinea che, negli Stati Uniti, anche questi ultimi sono dominati da grandi e fortissime catene, mentre ciò non accade in Italia, ma forse anche questa differenza non è così rilevante, se pensiamo all’influenza che la rete distributiva all’ingrosso, tipica della nostra nazione, esercita sui piccoli dettaglianti. Ciò rende l’analisi dei dati di vendita americani abbastanza simile a quello che si potrebbe verificare anche in Italia: i negozi della grande distribuzione statunitense concentrano le proprie vendite sulle calzature Nike, che coprono praticamente la metà del fatturato delle scarpe vendute dai centri commerciali, benchè rappresentino solo il quarto marchio più venduto dai negozi specializzati, preceduto da Brooks, Asics e Saucony e tallonato da Mizuno. Nei piccoli punti vendita si riscontra una maggiore differerenziazione nelle vendite, come è probabilmente più corretto, vedendola con gli occhi dell’atleta vero e proprio: un runner vero è tendenzialmente sempre alla ricerca del meglio nella scelta di un prodotto che, bene o male, costa poco e dura al massimo cinque o sei mesi. Non è detto che sia fedele ad un marchio e non sceglie sempre e necessariamente la scarpa consigliata dall’amico, ma sperimenta fino a trovare il brand che lo soddisfa maggiormente per poi iniziare interminabili discussioni con i compagni di allenamento su quale calzatura sia la migliore. Viceversa, chi comincia a correre e si suppone che non sia destinato a far durare questa passione, sceglie semplicemente il marchio più noto, che potrebbe essere il migliore per lui, ma non lo sarà necessariamente per la totalità dei runners: fa semplicemente un acquisto “di pancia”, che però probabilmente sarà l’unico della sua vita. Concludendo, i numeri dei piccoli punti vendita sembrano più coerenti con il comportamento dei corridori non occasionali: il consiglio, anche per chi è un neofita del running, parrebbe essere quello di andare a comprare nei negozi specializzati, perché la scarpa è una cosa seria!

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