giovedì 18 aprile 2013

Un gesto senza senso

Il pensiero è subito andato a chi, negli anni scorsi, ha corso a Boston: Marco Butti, Andrea Toni, Gianni Moggia e tutti coloro che possono ritenersi fortunati pensando di non aver vissuto in prima persona l’attentato che ha sconvolto l’edizione del 2013 della maratona più antica al mondo. Poi la mente è andata a ripercorrere fatti e coincidenze che solo una persona cervellotica come me può collegare: chissà se il bombarolo che ha agito lunedì scorso aveva, in realtà, come obiettivo la maratona di New York in programma cinque mesi fa e che è stata annullata all’ultimo momento causando tante proteste ma, forse, salvando parecchie vite. E meno male che nessuno ha preso di mira Parigi ed i miei amici che erano laggiù solamente otto giorni prima delle esplosioni americane. Poi, consultando i social networks, scopro che conosco uno dei ventisettemila maratoneti che hanno evitato la carneficina: tanta paura, una sacca con qualche effetto personale sparita nella confusione ed una pessima esperienza da non raccontare. Una brutta pagina per il nostro sport, colpito nel vivo nella regina delle manifestazioni, con un bilancio che parla anche e soprattutto di vittime tanto scontate quanto evitabili, ovvero di bambini, mogli ed amici che stavano aspettando i propri cari sulla finish line. I comunicati ufficiali, che forse erano stati preconfezionati pensando ad una qualsiasi azione terroristica contro qualsivoglia obiettivo, sottolineano come si sia trattato di un “gesto senza senso”: quando, a casa mia, si è cominciato a percepire il pericolo di accompagnarmi nella mia avventura nel mondo dei quarantadue chilometri, ho realizzato che queste tre parole sono drammaticamente vere.

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