martedì 3 febbraio 2015

La gestazione di un’elefantessa

La stipula del contratto di locazione tra Comune della Spezia e Marina Militare risale all’ormai lontano luglio 2014 e doveva rappresentare l’ultimo atto di un’annosa querelle relativa a modi e forme di utilizzo del campo sportivo “A. Montagna” e delle strutture ad esso connesse. Durante la presentazione dell’accordo, il Sindaco della nostra città e l’avvocato Fausto Recchia, Amministratore Delegato della società Difesa Servizi SpA, che ha gestito l’operazione per conto del Comando in Capo dell’Alto Terreno della Marina Militare, specificarono la necessità di ottenere un’approvazione formale da parte della Corte dei Conti per far sì che il contratto diventasse esecutivo e si potesse così iniziare l’opera di ristrutturazione del complesso e la sua restituzione alla popolazione spezzina, con forme e modi ancora non definiti: stiamo ancora aspettando questa ratifica da parte del più importante organo di controllo contabile nazionale, che stenta ad arrivare. A questi punti, mi pare giusto interessarsi alla complessa legislazione in materia, per cercare di capire se questa tempistica è normale: siccome non sono un giurista, vorrei che qualcuno mi correggesse se sbaglio qualcuna delle affermazioni che seguono. La contrattazione pubblica è inquadrata nel Decreto Legislativo n. 163 del 12 aprile 2006, mentre la giurisdizione della Corte dei Conti è regolata dalla Legge n. 20 del 14 gennaio 1994. Il concetto cardine di entrambe le norme è il seguente: la Pubblica Amministrazione non ha il compito di concludere contratti, ma deve realizzare obiettivi di pubblico interesse, rispetto ai quali l’attività contrattuale costituisce uno strumento indispensabile. Con ciò, i controlli sono fondamentali, ma devono anche essere veloci per non inchiavardare le procedure sottostanti: nello specifico caso in esame, i provvedimenti sottoposti al controllo preventivo della Corte dei Conti acquistano efficacia (art. 3, comma 2, L. 20/94) “se il competente ufficio (…) non ne rimetta l’esame (…) nel termine di trenta giorni dal ricevimento”. E’ pur vero che tale “termine è interrotto se l’ufficio richiede chiarimenti”, ma – a quel punto – dopo un altro mese il provvedimento dev’essere definitivamente approvato o respinto. Insomma, la legge sembra confermare quello che è logico a tutti: gli atti pubblici non devono avere una gestazione più lunga di quella di un’elefantessa…

1 commento:

  1. Secondo me è l'ennesima presa di c che va avanti da anni e c'è ancora chi ci crede!!!!!

    RispondiElimina